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venerdì 20 agosto 2021

Leggimi tra le righe

Dando per assunto che tutti passiamo dei momenti di profonda tristezza (tranne il mio amico Francesco, che si sorprendeva sempre del mio umore malinconico, e non solo di quello, una volta mi chiese di descrivergli il mal di testa, che lui non aveva mai provato) ognuno ha un suo modo per cercare di superarli. 

Ci concentreremo qui su quegli stati aspecifici, non dettati da un singolo evento (come ad esempio un lutto) ma facenti parte di un mood depressivo ricorrente, spesso vagamente orientati su questioni amorose irrisolte, senso della vita, incapacità di godere del presente, insoddisfazione perenne. 

Il modo più semplice e più gettonato nei consigli è aspettare che passi. 

Solo che da Confucio in poi, e io abito accanto a un fiume, mai sentito che l’attesa di veder passare il cadavere del nemico tra i flutti sia stata premiata, figuriamoci quella di veder magicamente arrivare un sorriso per il solo fatto di aver sfogliato il calendario. Al massimo passa quel pensiero perché surclassato da altri ancora peggio. Alcuni provano a risolvere con la cioccolata, che pare metta buonumore, o bevendo, che dovrebbe far dimenticare. Altri più comodamente si rifugiano negli antidepressivi e buonanotte. Buonanotte si fa per dire, visto che chi attraversa queste fasi riesce davvero di rado a farsi una dormita come si deve. Se comunque si deve aspettare, restare inerti forse sarebbe meglio che essere lasciati liberi di agire, perché è proprio quello il momento in cui fioccano errori commiserevoli come contattare ex dimenticati, perdonare cose imperdonabili pur di essere parlati, corteggiare in maniera delirante e venire bloccati, farsi ridere appresso o spammare il proprio dolore a tutto l’elenco di whatsapp con messaggi patetici al confronto dei quali quelli di buon ferragosto o “che fai per capodanno?” sembrano un tampone negativo. Nello stadio più avanzato io, per esempio, dopo aver sperimentato invano quelli appena descritti, vado a tirare fuori vecchi diari per trovare periodi peggiori del presente, così da dirmi che se l’ho superata allora lo farò anche stavolta. Neanche a dirlo ritrovo gli stessi errori, e riscopro figuracce che avevo dimenticato, oppure amori per cui ero entusiasta mentre ora so come sono finiti e, insomma, non faccio che aggravare la situazione. Così mi rifugio nell’ultimo rimedio possibile, cercare di fare di tutto questo un racconto divertente, o che almeno vorrebbe esserlo, e scaricarci dentro tutte le mie angosce, quei cento piccoli niente che tutti insieme mi hanno di nuovo condotto qui, il silenzio che non mi spiego o la risposta che non volevo dare o avere, l’illusione delusa (io voglio vivere sempre nell’illusione, per favore non datemi mai certezze!), la noia (la noia la noia la noiaaaaa... cantava qualcuno) o semplicemente il tempo che passa e io non sono mai stato capace di leggere tra le rughe.