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giovedì 2 febbraio 2017

Ridere, ridere, ridere ancora

Avrò avuto neppure vent'anni e mi ero impegolato in un amore sbagliato in partenza con una ragazza che già sapevo mi avrebbe fatto stare molto male. Nessuno dei miei amici ne sapeva nulla. Una sera d'estate mi lasciò e, insomma, con quello sprezzo romantico della vita, emblema dei poeti di cui mi nutrivo allora, decisi di farla finita.
Non sto a raccontare i tentativi, davvero poco credibili.
Fatto sta che per fortuna fallirono, ma non ero certo che, come stavo messo, non ci avrei riprovato. Così pensai che parlandone con qualcuno avrei esorcizzato la cosa. Non avrei detto della ragazza, me ne vergognavo, ma dei miei pensieri suicidi sì. Il giorno dopo, durante una delle consuete lunghe passeggiate pomeridiane con un mio amico per andare a fumare di nascosto da sguardi indiscreti nel bosco di Torrusio, verso Montemagliano, decisi di confidargli il mio insano gesto. Eravamo seduti l'uno accanto all'altro su un masso ricoperto di muschio, fra gli alberi. Mi avvicinai ancora di più e, preso il coraggio a due mani, gli sussurrai: non posso dirti perché, ma ieri notte ho tentato il suicidio.
Lui mi guardò compassionevole.
"Capisco che è difficile èsse ghèi, però re t'accìri proprio non ne vale 'a pena. Non te preoccupà, te stao vicino io".
Nel dire questo però si allontanò platealmente.
Io lo osservai stupito, non sapevo se dicesse sul serio. Ma lui scoppiò a ridere, e inevitabilmente lo feci anch'io. Poi mi mise una mano sulla spalla.
"È stato ppe' cchedda, no?"
Io annuii. "L'avevi capito?".
"Pensa a 'sta buono. Fra vint'anni nge pienzi e tte fai 'na risata".

Sono passati ben più di vent'anni.
Stanotte, come mi capita talvolta in periodi di stress, ho sognato di volare dal balcone.
Senza ali. A piombo.
E mi è tornato in mente quell'episodio, e ho riso.
Una benedizione.

Non ho più parlato con quella ragazza, e anche con quell'amico, all'epoca per me molto importante, ci siamo incontrati sempre più di rado, il lavoro e le circostanze della vita ci hanno diviso.
Ma quando ripenso alle risate che ci siamo fatti, vorrei tanto essere ancora seduto insieme a lui su quel masso, in un giorno di estate, per dirgli che aveva proprio ragione.
Sempre meglio pensa' a sta buoni, anche quando stai male.
Lasciarsi sempre il tempo per un altro sorriso.

7 commenti:

  1. Magico racconto, e magia nel raccontarlo. Ti invidio la memoria nitida della tua gioventù. Pensieri macabri che si stagliano netti in coda a un brutto sogno, o solo una giornata storta, foriera di malinconia. E ho pensato anche anche alle persone con le quali sono cresciuto, dalle quali la vita e l'evolvere ci ha diviso, e che non siamo stati capace di tenere vicino... colpa nostra? Del nostro menefreghismo, del nostro circolare troppo attorno a noi stessi? Chissà... certo leggere di queste memorie che potrebbero appartenere ad ognuno di noi, solo spostando qualche particolare, rincuora e intenerisce anche, ma è un sorriso a increspare bocca e cuore.. e allora grazie. Per la condivisione. Grazie per il piacere procurato. ;)

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    1. Grazie a te. Un post in un certo senso difficile da pubblicare. La tua condivisione mi emoziona e rincuora, si può scrivere anche così

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  2. Racconto stupendo, così come il messaggio che lancia.
    Non ho capito cosa significa "È stato ppe' cchedda"?

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    1. La sciocca pretesa che il mio dialetto venga compreso lontano dal mio cortile! 😄

      Significa: "È stato per quella?"

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    2. Grazie mille. Il difficile è continuare ad applicarlo, quel messaggio...

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    3. Scrivere è un buon modo per non dimenticare!

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  3. Giovanni vedi di alimentarlo 'sto blog. E' raro che si legga con tale piacere... perché vuoi privarcene?

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