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giovedì 8 novembre 2012

Desistere, desistere, desistere

 
Questo doveva essere il titolo del post di ieri.
Solo che mi è venuto in mente oggi.
Avrebbe avuto più successo, credo, di uno sfogo anonimo.
Eppure, spesso, le lettere anonime colgono nel segno.
E', credo, la loro natura misteriosa che spaventa.
Una volta mi trovavo a difendere una persona accusata di non so quale reato inerente dei fondi di montagna, a seguito di una denuncia di cui non conosceva l'autore. Questo poveraccio, assolutamente innocente, sospettava di qualche suo nemico, e mi chiese ardentemente di poter fare in modo di verificare nel fascicolo delle indagini chi fosse stato a indirizzare le indagini contro di lui.
Il mio cliente era una persona di indole buona, ma, come tutti i montanari, piuttosto rude e incline alla vendetta a tutela del proprio onore vituperato. Quindi, non mancava l'occasione di preannunciarmi cosa avrebbe fatto a chi lo aveva calunniato.
Finalmente riuscii ad essere autorizzato dal Pubblico Ministero ad estrarre copia del fascicolo in cui era contenuta la denuncia. Mentre sfogliavo il corposo incartamento in cerca di quel nome, ero alquanto dubbioso sulla opportunità di riferire al mio assistito le generalità dell'accusatore, non avrei voluto scatenare una faida. "Mah, vediamo di chi si tratta e poi deciderò", mi dissi, mentre ero giunto ad avere fra le mani quel foglio dattiloscritto, in calce al quale era stata apposta una sottoscrizione.
Non riuscivo a credere ai miei occhi, e già iniziavo a tremare, quando realizzai che quel nome era il mio!
"Giovanni Laurito", si leggeva sotto quella serie di ingiurie e calunnie che avevano condotto il mio cliente da diversi anni sotto processo penale.
Già mi vedevo con il cranio spaccato in due da un'ascia, maneggiata sapientemente dal mio assistito, boscaiolo, con la camicia di flanella a quadri che a malapena conteneva guizzanti bicipiti.
Pensai di raggomitolarmi sotto la toga ed attendere i fendenti, come Cesare dinanzi al Senato, alle Idi di marzo.
Era chiaramente una firma falsa, la grafia non era la mia, però non credo che la presenza di un perito grafologo avrebbe dissuaso il vindice braccio.
Il caso volle che, prima di riferire la ferale notizia, ne parlassi a casa, dove mio padre mi tranquillizzò: esisteva un mio omonimo, proprietario di un fondo confinante a quello del mio cliente. Niente di più facile che fosse stato lui l'autore della denuncia.
Quando glielo riferii, egli fortunatamente non ebbe dubbi sul mio conto - magari non sapeva neppure come io mi chiamassi, si rivolgeva sempre a me "nè avocà", ma diresse immediatamente la sua ira nei confronti del Giovanni Laurito giusto.
Il caso volle che di lì a poco egli fosse comunque assolto, quindi la vendetta non si compì mai, se non, credo, in forma verbale, non meno grave, forse, per noi che sappiamo che le parole sono come pietre, ma quando hai a che fare con soggetti che le pietre le scagliano meglio di una catapulta, sempre meglio le parole.
 
Non so perché ho raccontato questo aneddoto. Tutto è nato da un titolo che non c'era.
E dalla voglia di desistere dal desistere, per non trasformare un titolo di testa nei titoli di coda.
 
E comunque, il colpevole di tutto è il mio cliente, firmato Giovanni Laurito


5 commenti:

  1. ...ma non l'avevano assolto? o__O

    comunque... le lettere anonime sono pericolosissime!

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  2. ah ecco... una specie di alibi... o una conferma insomma, in calce. Però sul titolo io, se posso, e anche se non posso, dissento.

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  3. .. ma forse anche no... alla luce dei fatti. :(

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  4. caro anonimo dell'ultimo commento ... convieni con me che faccio bene a desistere? (però, poi, ho scritto ancora) :))

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