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lunedì 15 aprile 2013

In compagnia della solitudine

Una sdraio. Un raffinato blues di Eric Clapton, dal nuovo album.
Sorseggiando tè freddo rigorosamente deteinato, sfoglio una rivista, leggera, come la brezza che rende incantevole questo pomeriggio primaverile.
E con lo sguardo perduto nell'orizzonte azzurro del Tirreno, affondo.
Affondo in errori inconsapevoli.
Quelli che la mia miopia non ha saputo evitare.
Affondo in errori dolosi.
Come quello di rubare le preziose figurine a Toribio che mi aveva rivelato il nascondiglio.
Roba che il meno scaltro degli investigatori mi avrebbe arrestato immediatamente.
E invece lui restò mio amico, lo è tuttora.
Anche perché non legge questo blog.

Il tè è squisito, Slowhand suona ancora da Dio.
Forse addirittura meglio di una volta.
E ricado nel solito errore, di pensare che il tempo aggiusti tutto.
Invece ci rende soltanto più indulgenti, perché le occasioni si riducono.
Certe volte avrei proprio voglia di mettere sù un bel broncio, come da bambino.
Ma a quarantaquattroanni in fila per sei col resto di due, non te lo puoi più permettere.
Sorrisi, pacche sulle spalle, frasi ipocrite, tutto fa brodo, perché tieni famiglia.
E lo sguardo si perde ancora un po' fra le pagine di quella rivista, e, al di sopra degli occhiali, in quell'orizzonte miope che confonde cielo e mare.
Tanto la voglia di fuggire quella rimane la stessa, pinne o ali non importa.

Uccidimi, primavera,
prima che il mio cuore se ne accorga
e si aspetti l'estate


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