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domenica 28 aprile 2013

Ingenuo e romantico

Tirate fuori le decappottabili!
Quelle che pagate bollo e assicurazione tutto l'anno per usarle un paio di volte, se va bene.
Quelle che dopo la cervicale ti massacra.
Quelle che ti arriva la cicca accesa dalla macchina che ti sorpassa.
Per non parlare della lattina di coca cola.

Tirate fuori le decappottabili e via, che è arrivata la primavera!
Di corsa, lungo le strade franate della costiera, dribblando (ma anche no) i ciclisti della domenica, i maratoneti della crociata anticolesterolo, le passeggiatrici con carrozzina (mmm!), gli anziani con le Panda bordeaux, i tedeschi già in pantaloncini, le coppiette distratte dagli ormoni che in aprile intridono la carne, gli odori, i pensieri.

Tirate fuori le decappottabili, è tempo di uscire!
Di gettarsi alle spalle i freddi mesi di riflessione e puntare all'istinto.
Di confermare la statistica secondo cui le spider sono comprate perlopiù da quarantenni in crisi di mezz'età. Di confermare la statistica secondo cui le spider hanno un'aerodinamica di merda. Di confermare la statistica secondo cui, da tempi del Sorpasso, fino a Thelma e Louise, alla fine della corsa c'è sempre un burrone.

E infatti.
Sono sulla veranda del lido la Poseidonia ad Ascea, a finire di leggere 'Salem's Lot, che Ben ha appena dovuto conficcare un paletto nel cuore della sua bella Susan trasformata in vampira. il tutto leccando un cornetto al pistacchio, indifferente al grido sordo dei miei denti sensibili (tutto è sensibile, in Glaurito) e ascoltando sull'ipod Ingenuo e romantico, dall'ultimo album di Cristiano De André. Quella bionda in pareo mi ha già adocchiato. Il mio fascino, del resto, è innegabile.
Il predetto mix di cultura, sensibilità e gusto non poteva non cogliere nel segno.
La farò salire a bordo della mia 500 del '69, aprirò la capote, e via col vento.
Domani è ancora un altro giorno di aprile.
Poi si vedrà.
 




 

domenica 21 aprile 2013

Scrivo per dimenticare

Perchè si scrive? Per quanto mi riguarda, per un insieme di bisogni.
Per scacciare i miei demoni, per esorcizzare le paure.
Per il mio ego, per sentirmi apprezzato.
O per capire i miei limiti.
Ma anche per lasciare qualcosa di duraturo.
Anche se sono solo caramelle, che per loro natura dopo un po' si sciolgono.
 
Scrivo di avventure che non ho vissuto, di posti in cui non sono stato.
Posti dell'anima, soprattutto, come un Salgari psicoanalitico.
Dove Mompracem, la Tigre e la bella Marianne sono tutti nelle mie dita.
Sì, per tutte queste cose.
 
Ma stamattina, di domenica, piuttosto che, come sarebbe stato d'uopo, essere a crogiolarmi nel talamo, o a grattarmi l'ombelico, o a passeggiare sotto la pioggia in una piazza vuota e geometrica alla De Chirico, o a fumare oppio da un narghilè  (altro che sigaretta elettronica), o dipingere a olio un paesaggio lunare sorseggiando assenzio, sono invece ingobbito alla scrivania perché devo preparare un atto urgente che devo portare in Tribunale domattina.
Perciò, il fortissimo desiderio di scrivere questo post mi è sorto soprattutto perché mi sono proprio completamente rotto i cabasisi.
Come direbbe Montalbano, che poi la prima puntata l'altra sera non mi è neppure piaciuta granchè, forse era meglio che l'atto lo scrivevo in quelle due ore buttate.
E così ora potevo stare a leggere con maggiore attenzione il bugiardino dei farmaci e la scadenza dei cornetti che ieri mattina mi si è messo allo stomaco e grazie era scaduto a dicembre, a coltivare le ortiche nell'orticello sotto casa, a togliere le ragnatele dagli angoli della mia coscienza, a raddrizzare quel quadro che forse però è colpa della puntina, a passare il folletto sulla polvere accumulata, povero esserino del piccolo mondo, speriamo non sia allergico, mi auguro che il rappresentante prima di venderlo gli abbia fatto le prove.

lunedì 15 aprile 2013

In compagnia della solitudine

Una sdraio. Un raffinato blues di Eric Clapton, dal nuovo album.
Sorseggiando tè freddo rigorosamente deteinato, sfoglio una rivista, leggera, come la brezza che rende incantevole questo pomeriggio primaverile.
E con lo sguardo perduto nell'orizzonte azzurro del Tirreno, affondo.
Affondo in errori inconsapevoli.
Quelli che la mia miopia non ha saputo evitare.
Affondo in errori dolosi.
Come quello di rubare le preziose figurine a Toribio che mi aveva rivelato il nascondiglio.
Roba che il meno scaltro degli investigatori mi avrebbe arrestato immediatamente.
E invece lui restò mio amico, lo è tuttora.
Anche perché non legge questo blog.

Il tè è squisito, Slowhand suona ancora da Dio.
Forse addirittura meglio di una volta.
E ricado nel solito errore, di pensare che il tempo aggiusti tutto.
Invece ci rende soltanto più indulgenti, perché le occasioni si riducono.
Certe volte avrei proprio voglia di mettere sù un bel broncio, come da bambino.
Ma a quarantaquattroanni in fila per sei col resto di due, non te lo puoi più permettere.
Sorrisi, pacche sulle spalle, frasi ipocrite, tutto fa brodo, perché tieni famiglia.
E lo sguardo si perde ancora un po' fra le pagine di quella rivista, e, al di sopra degli occhiali, in quell'orizzonte miope che confonde cielo e mare.
Tanto la voglia di fuggire quella rimane la stessa, pinne o ali non importa.

Uccidimi, primavera,
prima che il mio cuore se ne accorga
e si aspetti l'estate


martedì 9 aprile 2013

M'appauro

Costruito sintatticamente come l'amarcord ("mi ricordo") in romagnolo, o il "to be afraid of" anglosassone, il m'appauro ("ho paura") campano ha più significati. Dal puro e semplice aver paura (m'appauro quanno lampa = ho paura dei lampi), al paventare un evento (pensi che pioverà? M'appauro=penso proprio di sì).
 
Da ragazzo, come molti, ero appassionato di film "di paura".
Quelli anni '50 (le varie mummie, i dracula, i mostri della laguna nera), ma anche i classici degli anni '70 e 80, come Poltergeist-demoniache presenze, ambientato in una casa costruita su un antico cimitero indiano, dal quale scaturivano oscure apparizioni che terrorizzavano gli ignari inquilini.
Raccontavo a mia figlia della "maledizione" di quel film, che molti di coloro che ci lavorarono fecero una brutta fine; mi ero allargato anche alla maledizione di Tutankhamon, alle misteriose morti della spedizione di Lord Carnarvon. Lei mi sorprese con un altrettanto pauroso aneddoto.
"Sai, anche il mio compagno Bartolo mi ha raccontato una storia del genere. Dice che lui fece una puzzetta in faccia ad un cane per sei giorni consecutivi, ed al settimo il cane morì".
 
Attacchi di panico. Paura allo stato brado, incomprimibile ed incontenibile.
Spesso mi capita durante un bel film, o nei momenti di serenità.
Penso alla morte. Prendo consapevolezza della sua ineluttabilità. E grido. Improvvisamente.
La paura mia si associa a quella di chi si trova per caso accanto, che soprassalta.
E le scuse sono patetiche, una fitta, un dolore improvviso.
Ne parlai da qualche altre parte, del rimedio di mordermi una mano, per avere un dolore momentaneo più intenso di quello dell'anima che mi riporti alla calma.
E del sogno di tuffarmi in un mare di ortiche.
 
M'appauro. Uno dei tanti titoli di un romanzo che non scriverò, di un racconto già narrato, del quale il finale è ampiamente spoilerato.
 
Oggi piove di nuovo, un altro giorno di pioggia.
Il meteo parlava di una giornata serena e dalle temperature gradevoli al centro-sud.
Non è così, nè nel centro-sud Italia e neppure nel mio centro-sud.
Freddo, cristalli di ghiaccio. Al nord, alla testa, nebbia; quella che favorisce post del genere.
 
Le paure ancestrali, le più diffuse.
Il terrore di essere sepolti vivi.
Io sono fuori posto anche in questo. Magari fossi sepolto vivo.
M'appauro, invece, che sarò sepolto morto.
 
 



giovedì 4 aprile 2013

No, viaggiare

Non c'è nulla che io possa desiderare che non sia riuscito ad ottenere.
In sogno.
Ho fatto l'amore con tutte le donne che volevo.
Ho visitato posti fantastici.
Ho riscosso successi entusiastici in ogni campo.
A che mi serve faticare?
Quest'idea balzana di una settimana in quell'agriturismo a Perugia, sette ore di macchina per arrivarci.
Stanotte senza sforzi risiederò in una beauty farm nel castello di Biancaneve.
E magari ci scapperà pure una trombata con Biancaneve.
O meglio con la matrigna, che mi ha sempre intrigato di più.
Al limite una cosa a tre? Si può fare.
Da svegli, invece, figurati ...
E non è solo un'idea mia, il cinema ci si è fiondato da tempo.
Inception, ad esempio, tutto basato sui sogni.
Anche i post migliori mi sono sempre venuti in mente dormendo.
Di giorno, invece, cose del genere.
Che ti viene voglia di smettere di scrivere (e soprattutto di leggere!) e tornartene a letto.