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sabato 20 giugno 2020

Di cotolette, gelati ed estate in arrivo


Un sabato pomeriggio come questo, con la scuola appena finita e il sole che finalmente sembrava essersi accorto che l’estate era alle porte, noi diciassettenni avremmo cercato l’amico più grande e un po’ tonto, ma che aveva già la macchina, per farci scarrozzare al mare. Io avrei insistito per portare l’ombrellone ma mi avrebbero preso in giro, persino quelli biondini con la pelle chiara che in mezzora diventavano una mortadella. Saremmo andati a Velia, al Lido Il Timoniere. Non so perché, in effetti. La spiaggia era stretta, il mare subito profondo. Forse per la colonia. Ma non è che ti lasciavano avvicinare, a quelle ragazze, ci stava lo steccato, le guardavi da lontano.
Il Lido a ogni nuova stagione era stato abbattuto dalle mareggiate, c’era solo lo scheletro di alluminio, e in giro tanti pannelli di gommapiuma rivestiti di fòrmica, che se ce n’era ancora qualcuno intero ci saltavamo sopra finché lo sfondavamo. Poi, verso metà luglio di solito lo sistemavano, ma un sabato pomeriggio come oggi non ci sarebbe stata neppure la possibilità di comprare un gelato. Io al mare prendevo sempre il camillino, quelli di una volta, quando c’era solo la vaniglia in mezzo ai due biscotti, fu solo più tardi che misero anche la cioccolata, comunque io mangiavo sempre solo la parte a vaniglia, l’altra la regalavo. Ma prima leggevo la curiosità che c’era scritta sopra. Ne ho imparato di cose, dai biscotti. E si vede, del resto.
Comunque al mare si facevano cose che adesso sembrerebbero quantomeno strane. Per esempio, usciti dall’acqua, ancora bagnati ci si rotolava nella sabbia per fare le cotolette impanate.
Si faceva anche un’altra cosa che ora non è più contemplata. Mangiare. Intendo mangiare seriamente. A volte la pasta asciutta, addirittura la carne, e poi l’insalata. Ricordo cetrioli sbucciati sulla spiaggia, pane e pomodoro, conditi con bottigliette di crodino in cui le mamme mettevano olio e sale.
E quando si andava con le famiglie, c’era una cosa che oggi sembra forse lontana, ma allora non mancava mai. Prendere le botte. Il bagnasciuga sembrava una pista di atletica, con le mamme che rincorrevano i figli e se questi per caso riuscivano a distanziarle partiva il lancio del sandalo, del “chianiello”, specialità in cui la mia era campionessa olimpica.
Ma in un sabato come questo, già più grandi, saremmo andati solo noi amici. E avremmo fatto lunghe camminate, di solito la più gettonata era da fiume a fiume, cioè da una foce all’altra dei corsi d’acqua che si gettano nel mare fra Ascea e Casalvelino. Raggiunto il fiume, lo avremmo ripercorso per un po’ a ritroso, saltando sui cubi di cemento che ne delimitavano il corso, qualcuno di noi avrebbe raccolto un po’ di quelle piante fluviali, una specie di canne con una fioritura marrone cilindrica, che chiamavamo “i cazzi”, chissà quale fosse il nome giusto, e che negli anni ottanta le trovavi nelle case, nei vasi, come piante ornamentali di dubbio gusto.
Ci saremmo fermati ogni tanto, per tuffarci, e poi di nuovo a fare le cotolette, idioti e felici, finché il sole fosse calato, e a quel tempo non c’erano telefonini per immortalare i tramonti, ma penso fossero belli anche allora. Quando saremmo tornati in macchina, avremmo un po’ preso in giro il parcheggiatore, un signore anziano – magari non lo era, ma ci sembrava così – con un berretto, piuttosto scorbutico, ma sono certo che lo avremmo riempito di chiacchiere e non gli avremmo dato una lira. Qualcuno diceva che a chi non pagava rigava la fiancata, ma tanto la macchina non era la nostra. Lo stesso valeva anche per la sabbia che portavamo sui sedili, “ma vi siete puliti bene?” chiedeva il malcapitato di turno, “hai voglia!”, rispondevano quelli che stavano seduti dietro, e si davano botte coi gomiti per non ridere. E si tornava a casa, coi finestrini spalancati e una mano fuori, a coppa, dicendo a quello che guidava di andare più veloce. Perché non so se lo sanno i ragazzi di oggi, ma l’aria nel palmo della mano, a una certa velocità, prende la forma di una tetta.
E per un gruppo di ragazzi così cretini, che invece di corteggiare le ragazze passava le giornate al mare a fare le cotolette e a schivare chianielli, quello era l’unico modo per toccarle, sicuro.