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domenica 22 marzo 2020

Un bel respiro.

Ci sono tanti modi di scrivere.
Il post sui social, breve se ironico, icastico, più lungo se contiene delle riflessioni.
Quello sul blog, che permette un ragionamento articolato, complesso, confidando che chi ti legga non sia soltanto uno a cui per caso, scrollando un feed, gli sia capitato davanti un tuo scritto, ma che sia venuto a cercarti con l'intenzione di soffermarsi insieme a te.
Poi c'è il messaggio su whatsapp, le emoticons, la condensazione di uno stato d'animo.
C'è il racconto, che è un esercizio feroce di tecnica e cuore, e il romanzo, il dipanarsi di una storia che si intreccia con la tua, tanto che alla fine confondi realtà e invenzione, e quei personaggi entrano a far parte per sempre della tua vita.
C'è la scrittura per il teatro, gioco di parole, e quella per il cinema, gioco di sguardi.
Poi ci sono i bigliettini di auguri, quelli che se devi scriverli per un invito di cui avresti fatto volentieri a meno si riempiono di frasi fatte, e se invece sono per una persona a cui tieni davvero vorresti tanto essere originale, per non disperderti in tutti gli altri auguri che riceverà da altri che, inevitabilmente, avranno fatto il tuo stesso ragionamento.
E ci sono i post-it, a ricordarti quello che devi fare, che se li scrivi per te stesso, chissà perché, ci metti anche la tua firma, in calce, forse per dare autorevolezza al consiglio, oppure per tenere presente che, va bene, è una cosa che ti è stata consigliata dal sé narrante, non prevede sanzioni, puoi anche procrastinare. E tu sei bravo a procrastinare. Come stamattina, che ti eri detto che volevi lavorare e poi: "ma è una vita che non aggiorno il blog!", e allora ti sei inventato questa riflessione sulla scrittura, che per te è come respirare.
E in questi giorni di quarantena per il coronavirus, non c'è modo migliore per affrontare l'ennesima giornata di ansia che provare a fare un bel respiro.

G.