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venerdì 16 gennaio 2015

La parabola dei sentimenti

La vita è una serie di parabole.
Sì, pure come quelle che raccontava un tale in Palestina, duemila anni fa. Ma non solo.
Parabole intese come curve.
Sì, pure come quelle del nostro percorso accidentato, o di quella ragazza appariscente, ricordi?, allora ti piacevano così, ma eri un ragazzo, gli ormoni erano i tuoi dittatori, mentre ora sono al massimo impronte giganti sul bagnasciuga delle tue lacrime. 
Ma torniamo a noi, io parlavo di parabole come di quelle curve che si tracciano sulle ascisse e le ordinate, la x e la y, quelle cose lì, quei picchi che una volta raggiunti calano di colpo e poi ci vuole tempo perché risalgano verso il punto più alto, per poi precipitare di nuovo.
Dicevo, la vita è una serie di parabole.
E capita davvero raramente che l'incremento e il decremento della tua curva coincidano con quello della persona con la quale, in quel momento, vorresti intrecciare le ascisse.
Perché come al solito, quando tu hai proprio voglia di sentirla, le scrivi, ci metti tutto te stesso a inventarti le cose divertenti, quelle tenere, quelle interessanti, quelle che stimolano una risposta.
Che, invariabilmente, l'attendi a lungo e poi è solo due righe sfiatate, o peggio un pollice all'insù.
E a te, di colpo, ti cade tutto all'ingiù, perché non c'è nulla di peggio delle attese frustrate.
Poi mi criticano quando dico che il bello della vita è l'attesa!
Ma non bisogna fargliene una colpa, all'altra parte di questo dialogo.
Perché semplicemente in quel momento la sua parabola era nel punto più basso.
Quel punto dove, in una relazione, non ti resta che risalire.
O metterti a scavare.
Tu sicuramente ti sarai comportato nello stesso modo decine, ma che dico?, centinaia di volte, quando hai ricevuto lettere interessanti e articolate, complimenti normalmente graditi e stuzzicanti, e però a tua volta il tuo karma aveva perso la calma e si era incamminato verso la tangente, oltre l'asse delle ordinate, verso quel punto x che a volte indica il baule del tesoro e più spesso l'incognita di una relazione che, per te pessimista per tradizione, pur se nata e proseguita sotto i miglior auspici sarà, comunque, un giorno, destinata a finire.
E non capisci che è solo per l'ordine naturale delle cose, tutto passa, lo diceva pure il solito Eraclito (poveraccio, chissà quante belle cose interessanti avrà enunciato, e ci ricordiamo soltanto di questo banale pàntarèi...), e le cose belle dovresti godertele, non iniziare a rimpiangerle quando ancora le hai e, addirittura, niente lasci presagire che tu possa perderle.
Qualsiasi psicologo da discount saprebbe spiegare meglio di me quel che sto cercando di esporre, annaspando. Che quando una cosa non l'hai ancora ottenuta ti pare che ti butteresti nel fuoco pur di averla, ma che un attimo dopo che ci sei riuscito, ti verrebbe di buttarla nel fuoco.
O di buttartici tu, nel fuoco, perché ti pare che a quel punto la tua vita ha perso il senso che aveva fino ad allora.
Ricordo quanto mi segnò, da ragazzino, la scena di un film di Luciano De Crescenzo, credo fosse Così parlo Bellavista, nel quale vi era la gag ripetuta di un tizio che da una cabina telefonica aveva l'intenzione di minacciare anonimamente un tale che doveva avergli fatto uno sgarro. Solo che continuava a sbagliare numero e a minacciare persone che non c'entravano nulla, e montava sempre di più la sua rabbia fino a quando, quasi sorprendendolo, gli rispose finalmente colui che cercava; affannosamente si ricompose e gli sgranò quelle minacce lungamente preparate e ormai prive di mordente. Poi riattaccò, pensando di essere più che soddisfatto. Ma non era così. 
Perché, ancora nella cabina dove aveva passato quasi l'intero film, si guardò intorno desolato e si chiese: "e adesso?". Non aveva più la sua ragione di vita.
E allora altro che Eraclito, forse la filosofia giusta per non trovarsi spiazzato è proprio quella esposta da Marco Ferradini nella canzone Teorema.
Che quando con una persona va tutto come vogliamo noi non c'è sfizio, ti disamori subito.
Meglio essere presi a pesci in faccia. Vuoi mettere?
Chissà. Forse l'errore è generalizzare.
Come ho fatto io in questo post. Che sono partito che mi sembrava di avere tanto da dire, e invece dopo poche righe non ne avevo più tanta voglia e allora ho proseguito di mestiere.
Perché se c'è una verità in tutto questo sproloquio è che la vita è una parabola soprattutto con noi stessi. Certe volte ci piacciamo tanto, altre ci stiamo amabilmente sulle scatole.
E in quelle occasioni magari non siamo all'altezza delle aspettative di chi ci vuol bene.
Ma la colpa è solo nostra. 
Riproviamo?