La
nostra camera da letto, quando ci sposammo, era in realtà ancora quella dei
miei. All’epoca lavoravo solo io, guadagnavo quanto bastava a vivere
dignitosamente ma senza voli pindarici. Avendo già speso molto per le nozze, preferimmo
conservarla ancora per un po’. Io, poi, ci ero affezionato.
Era
in puro stile motel anni settanta. Le linee geometriche, le curve ardite e le
risalite (il lettone era basso e senza sponde e da piccolo cadevo spesso). Fu
solo diversi anni dopo, che la cambiammo prendendone una nuova. Era ormai
tempo, e poi la nostra situazione economica era molto migliorata. Così comprò quella
che più le piaceva, e io non misi bocca. Aveva accettato per anni di dormire in
quella dei miei genitori, ora la decisione doveva essere solo sua.
Fu
mia solo quella del lampadario.
Per
la verità, andammo insieme a comprarlo, ma quello che volevo io piacque anche a
lei e così fummo subito d’accordo. Lo guardavamo insieme, a volte, mentre stavamo
sul letto, e pur essendo quasi paccottiglia ci dicevamo che era stata proprio
una scelta azzeccata, una delle poche fatte insieme senza discutere a lungo
prima. Quando il sole ci si rifletteva, si trasformava in un prisma, e che
bell’effetto faceva sulle curve del suo corpo nudo!
…
Ci
ho fatto l’amore con un’altra ragazza, in quella stanza.
Non
mi sono venuti in mente significati particolari, un letto è un letto, una
camera vale l’altra. Mentre siamo ancora distesi, nudi, in penombra, un raggio
di sole filtra dalle imposte socchiuse e attraversa i cristalli del lampadario
per poi proiettarsi nella stanza.
“È
molto bello”, mi dice lei, guardando il soffitto.
E
io ripenso a quella volta, nel negozio, a quell’unica scelta condivisa. Quando
mai avrei immaginato che, un giorno, quella luce avrebbe illuminato un corpo
che non era il suo.
“Grazie”,
le rispondo, fingendo di non aver capito, “è bello anche per me essere qui con
te”.
Sorride,
mi abbraccia. La risposta le va bene.
Una
nuvola copre il sole, il riflesso scompare. Le cose tornano a essere cose,
oggetti inanimati, senza passato. Beate loro.
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Ho cose che, anche di casa in casa, si sono succedute a situazioni, ad occhi e mani diverse. Sassi raccolti da qualcuno, travasati da altre mani, incartati e traslocati da altre mani ancora, ma testimoni curiosi.
RispondiEliminaE chissà se i déjà vu sono solo nostri, o anche certi lampadari imparano a distinguere.. ;)
E' vero che, come sottolinei, una luce, un riflesso soltanto, possono ricreare incredibili déjà vu, che mettono in moto sfalsature spazio temporali.
Sapevo che avresti condiviso queste sensazioni. E sai invece che quando leggevo i post del tuo trasloco pensavo a Traslocando di Fossati? A come avresti descritto tu gli operai che portavano fuori gli amori dai cassetti e dalle scatole di latta...
EliminaColpisci dritto al cuore, come sempre.
RispondiEliminaQuesto è uno dei miei racconti preferiti, mi ha riportato a casa dei miei genitori, le camere da letto intatte da quando ho memoria. Il quadro, il cassettone di legno, lo scrigno con le collane di bigiotteria che trattavo come il tesoro più prezioso dei sette mari.
Le cose non sono mai solo cose. Mentre noi, a volte, vorremmo esserlo. Sono felice ti sia piaciuto, Lisa, c’è molta verità dentro e una persona sensibile come te non poteva non coglierla
Eliminanon usi mai una parola di troppo, forse per questo apprezzo le tue parole che restano. Le sento ricche di languore e piene di ritegno.
RispondiEliminamassimolegnani
Non so delle mie, ma le tue sono di sicuro quelle giuste per il mio ego 😉
EliminaSpero che in quel letto anche tua moglie come compagnia aveva il tuo migliore amico.
RispondiEliminaSono certo di no. Non per fiducia, ma perché non ho amici
EliminaNon ricordi? Un giorno mi hai invitato a casa tua. Mi hai fatto vedere tutte le stanze. Anche la camera da letto, e c'era tua moglie con un uomo e tu mi hai detto: "Quella è mia moglie, e l'altro dovrei essere io!"😁
EliminaInvece era il tizio che vendeva i lampadari :)
EliminaGrazie per aver fatto luce sulla vicenda.