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sabato 28 luglio 2012

L'altalena e lo scivolo

Magari fosse solo lo spread. Che un giorno sale, l'altro scende. Che un giorno siamo sulla via della ripresa, e l'altro sull'orlo del baratro. Magari fosse solo lo spread, perché certe mattine sembra pure di essere fuori dal tunnel. Un'illusione, è vero, ma in fondo non viviamo anche di quelle?

Magari fosse solo lo spread. Invece, a me, ultimamente, arrivano solo brutte notizie.

Succede solo a me?

Non è che prima fossero tutte rose e fiori, ma c'era una sorta di alternanza.

Se ti andava storta una cosa, era lecito attendersi una buona notizia a controbilanciare.

Poi il rapporto è sceso a due a una, a tre, a quattro, e infine, in barba a tutte le leggi statistiche, hanno preso ad andare tutte storte. In perfetta applicazione, però, della legge di Murphy secondo cui se una cosa può andare male, ci andrà.

E, credetemi, non si tratta affatto di depressione, del vedere sempre il bicchiere mezzo vuoto (peraltro fra le varie cose sto attendendo da un mese l'allaccio dell'acqua al mio studio, quindi il bicchiere è TUTTO vuoto).

No, per niente, nessuna interpretazione pessimistica. Sono semplici dati oggettivi, incontrovertibili.

Se leggi i valori positivi di un'analisi, quelli sono fatti.

Se per un errore del tuo commercialista stai pagando quindicimila euro, quelli sono fatti.

Se si rompe un preservativo mentre sei con l'amante, quelli sono cazzi.

Certo, a meno di dover essere sconsideratamente ottimisti e gioire per essere ancora vivi, o per avere contribuito a ripopolare il continente, o per avere mangiato anche oggi.

Nessuna di quelle cose mi è veramente successa, sono solo esempi.

Anche perché comporterebbero comunque la contemporanea presenza di buone notizie, tipo l'avere un'amante, o quindicimila euro per pagare la sanzione, e dunque smentirebbero la legge statistica di cui sopra.

Mi sono successe, invece, e continuano imperterrite ad accadere, centinaia di piccole cose negative che si addensano, anche inconsapevolmente, nella mia mente, contribuendo ad uno stato di continuo giramento di palle alternato a scazzo, quella voglia di non fare niente tanto se lo fai comunque va a schifo (una sorta di nuova declinazione post moderna del bonum otium virgiliano?).

Chissà. Magari già mentre sto scrivendo il vento sta cambiando.

Magari c'è qualcuno, il mio angelo custode o la BCE, che sta operando per ridurre il mio spread, o almeno per coinvolgerlo in un'altalena certamente più sopportabile di questo scivolo.

Chissà se è il vento che sta cambiando, questa puzza che sento. 

Vedremo. Intanto resto qui, in attesa, come nel deserto dei tartari, a inutile protezione della mia personale fortezza Bastiani. 


domenica 22 luglio 2012

Non è Francesca

Quando hai amato una persona una volta, l'amerai per tutta la vita.
Perché amare è come nuotare, come andare in bicicletta.
Cose che non si dimenticano.

Ho ritrovato in un vecchio cassetto un quaderno di tanti anni fa.
Di quelli che non si usano più, con la copertina nera e i bordi delle pagine colorati carminio.
C'era una poesia che avevo scritto, una poesia d'amore.
Francesca, si chiamava lei, ma forse era un nome di fantasia.
O forse no, che io avevo davvero una compagna di scuola di nome Francesca.
Insomma, a rileggere le frasi intense e ingenuamente passionali, io quella ragazzina l'avevo amata sul serio.
Solo che non riuscivo a ricordare niente di lei.
Né il bel volto diafano incorniciato da capelli corvini, né le labbra così anelate, di cui era unico testimone quel quaderno dei tempi andati. E io, che sono un avvocato, so bene che dei testi non c'è troppo da fidarsi.
Giocherello distratto con le pagine, ormai perso in pensieri altri, e in terza di copertina, accanto alla tavola pitagorica, scorgo un elenco scritto a mano.
Tutti gli alunni di quella classe, una quinta elementare di più di trent'anni fa, a Roma.
Ed anche quel nome. Dove sarai ora, Francesca?
C'è anche un cognome, di cui non avevo alcuna memoria, e oggi, a differenza di una volta, quando per fortuna potevi perderti per sempre, c'è Facebook.

Ho ritrovato Francesca, o quella che il cognome e i pochi ricordi che ho mi fanno pensare che sia lei. Le ho chiesto l'amicizia, lei l'ha accettata.
Ma non ho mandato nessun messaggio, non ho dato alcuna spiegazione, né lei me ne ha chieste.
Magari crede che io sia un amico di un amico. "Persone che potresti conoscere".
Quelle a cui, se ti chiedono l'amicizia, gliela dai (l'amicizia!) senza pensarci troppo.
E, del resto, cosa potevo dirle?
Sei la bambina che ho amato tanto?
Un amore che avevo dimenticato?
Perché gli amori si dimenticano. Non credete ai proverbi, alle frasi fatte.
Io una volta riuscivo a restare a galla, ora affondo come una pietra.
Mia figlia ha imparato ad andare in bici, poi si è bucata una gomma, il tempo di ripararla e non sa più stare in equilibrio e ha le gambette piene di lividi.

Ecco cos'è Francesca, cosa sono gli amori di un tempo. Lividi dell'anima. 
Che se per caso ti trovi a sbatterci, un po' fanno male, e tu lì a pensare per un secondo: ma quando me lo sarò fatto? Poi lasci perdere e ti tuffi di nuovo nella vita del presente.
Nella quale io, appunto, affondo come una pietra.


mercoledì 11 luglio 2012

Summer Update

... che poi c'è pure la vita reale oltre alle caramelle, e allora ecco gli aggiornamenti all'11 luglio, gli eventi salienti di questi primi venti giorni di meravigliosa estatica estate.

Una vecchia di feci che ritiene io le stia usurpando il parcheggio condominiale, mi lascia bigliettini sgrammaticati sotto il tergicristallo. Nell'ultimo minacciava di denungiarmi, e di chiamare i carrabinieri.

Ho sognato un giovane giudice che conosco (donna) che mi dava i numeri, li ho giocati e ho fatto ambo. Cinquanta euro.
Gliel'ho detto il giorno successivo, facendo il figo l'ho ringraziata dichiarandomi disponibile a ricambiare andando nei suoi sogni.
Mi ha risposto stringatamente che non c'è bisogno, che io do i numeri anche da sveglio.

In tutti i rapporti meteo, la temperatura più bassa d'Italia si rileva sempre a Potenza, città interna e montana per eccellenza.
Io non c'ero mai stato, fino ad oggi, dove mi sono recato per lavoro, sfottendo gli altri che invece dovevano rimanere a schiattare nelle nostre zone di mare. 
Quarantadue gradi, temperatura rilevata col termometro nel culo di Minosse che risulta essere proprio di lì, anzi fa il parcheggiatore e mi ha rifilato sei grattini a un euro l'uno e non mi ha fatto neppure parcheggiare all'ombra.

Ho scoperto che trasmettevano in replica Sherlock, una serie nuova che io avevo perso.
La prima puntata era di mercoledì, ma io pensavo fosse martedì, ho acceso la tv lunedì pensando fosse martedì, poi ancora il giorno successivo, il digitale terrestre da installare seicento volte fino a quando ho trovato Mediaset Italia due. Una puntata bellissima, ne è valsa la pena, anche se verso la fine la ricezione era ballerina. Non sono sicuro, perciò, se ho capito bene l'intricata soluzione. Mi pare, però, che il colpevole si chiamasse no signal. 

lunedì 9 luglio 2012

Distrattamente personale

Certe volte penso che mi piacerebbe scrivere la mia autobiografia.
La romanzerei un bel po', come del resto faccio sempre quando parlo di me.
Ma sarebbe inevitabile. Diversamente, a raccontare la nuda verità, la maggior parte delle pagine descriverebbe una persona immersa in una continua "zona del crepuscolo", fatta di giornate tutte uguali, noiose, e di pensieri di inadeguatezza, di horror vacui e di tempo vanamente sprecato.
Stasera ... Potrei cominciare parlando di stasera.
Ma ancora una volta siamo alla fine di un giorno uguale agli altri, nel quale fatico ad intravedere luce.
Solo che sto ascoltando una canzone, una bellissima voce.
E quella canzone e quella voce mi riportano a tanti anni fa, ad un piccolo me di otto anni.
Che ancora non sapevo suonare nessuno strumento, ma cantavo a squarciagola Gloria, mentre il mio cuginetto, testimone di Geova, appena si arrivava alla frase "con te nuda sul divano", correva ad abbassare il volume, temendo un'eccitazione contraria alle Sacre Scritture e la punizione del Dio vendicatore dell'Antico testamento. 
Un piccolo me, costretto a vivere per qualche mese da mia zia nell'estate del '77 in cui mia madre moriva per venti minuti insieme al mio fratello mai nato per una gravidanza extra-uterina. E che - incredibilmente non diventato gay - passavo l'estate a leggere fumetti e fotoromanzi della mia cugina quattordicenne, ad ascoltare le prime radio libere, con le dediche telefoniche "da un Toro ad una Vergine con speranza",  con ancora una volta l'immancabile Tozzi e la sua Ti Amo, a cristallizzare nel mio immaginario la donna che stira cantando e il bambino che tà, sogna cavalli e si gira ...
E l'estate '78 (ché Tozzi faceva un'hit ad ogni estate!), al mare ad Ascea perseguitati dal dan-dabadan dell'ipnotica Tu, la cassetta con la copertina gialla e blu (la mia prima cassetta), mentre ci abbuffavamo di gelati col biscotto e partite a briscola, con quel piccolo me, già presuntuosamente autistico, che contava in microsecondi i punti di tutti, mentre gli altri si arrabbattavano sulle punte delle dita, alluci e talloni ... 
Tozzi ha pubblicato di recente un album di inediti e di vecchi brani riarrangiati, la sua voce è ancora la più bella della musica italiana. Per tutti i ricordi che mi evocano, dovrei essergli grato e correre a comprarlo. Sicuro.
Invece l'ho scaricato da E-mule. Ci ho messo una settimana, sicuro ho speso di più per tenere il pc acceso e collegato in rete tutto 'sto tempo, e in tasca all'Umberto non è andato nulla. 
Ma io sono così, mi nutro di emozioni, ma le scrocco, non le merito e non le ricambio.
Così scrivo, mettendomi a nudo, solo con la speranza che qualcuno mi legga e mi faccia un commento, ma non leggo mai quello che scrivono gli altri, perché mi annoia o perché sono invidioso se mi piace.
Faccio complimenti alle donne pur non credendoci, solo per farle innamorare, mentre amo solo me stesso. 
Poi in uno scatto di verità (ed un èmpito di solitudine) vado su facebook, e vorrei dire davvero quel che sto pensando, ma sarebbero solo parolacce, visto quel che trovo scritto. 
Oppure direi la parola aiuto.
Ma quella, se la dici, e poi non ti aiuta nessuno, ti girano ancora di più. E allora la volta successiva non c'è l'alternativa: solo parolacce ...
Come quel piccolo me, quando si spezzò il nastro di quella cassetta di Tozzi, mentre la riavvolgevo con la penna. E così, quando, dopo trentaquattro anni, l'ho sentita di nuovo, ho pianto, giuro. Come un idiota. Senza ritegno.
Per quel bambino che pensava di dire e sentirsi dire Ti Amo credendoci entrambi.
Che sognava cose importanti, di ottenere Gloria, di trascorrere meravigliose Notti Rosa.
E invece è qui, a quarantatrè anni, da solo, a scrivere pezzi incoerenti della propria squallida autobiografia.
Pensando che il tempo è ormai passato, definitivamente, ma invano. E che di certo si poteva dare di più.