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venerdì 31 maggio 2013

La cognizione del dolore

Un mattino, al risveglio da sogni inquieti, Gregor Samsa si trovò trasformato in un enorme insetto.
Non diversamente dal famoso incipit de "Le Metamorfosi", e in una medesima situazione di "kafka", ieri mattino, al risveglio da sogni inquieti, Giovanni Laurito trovò nel suo letto un enorme insetto.
Non essendo un entomologo, il Laurito ha delle difficoltà ad individuarne il nome scientifico corretto, diciamo che in senso aulico potremmo definirlo una sorta di scarafaggione allungato fornito di numerose zampe brulicanti.
Passata a fatica la prima reazione, il terrore, subito il Laurito, vero uomo, prese con due dita una pantofola e lo colpì, diciamo anche sobriamente, una botta e via, per frenare il disgusto dell'immaginarne il corpo schiacciato.
Poi l'eroe si alzò, e, preso da mille inutili impegni, se ne dimenticò.
 
E la giornata trascorse come sempre fra telefonate, contumelie, sorrisi, insulti, dicerie, vanterie, indulti, ancora telefonate e contumelie, abbracci, strette di mano, facce dimenticate e facce da ricordare, pioggia, politica, pagoio paghitu, sms, quattrini da spendere, quattrini da attendere, incroci, traverse, traversie, rimbrotti, preoccupazioni, illusioni e delusioni, venditori, call center, inciuci, sguardi, piccoli brividi, emozioni, progetti, disturbi, consolazioni, desolazioni, insolazioni frammiste ancora a pioggia, starnuti, bottiglie, imbuti, percosse, affronti, vittorie, sconfitte, souvenir, paura, tregua, un po' di quiete, forse. Insomma, vita.
 
Tornato a casa, il Laurito doveva occuparsi di mettere un po' in ordine.
Entrò in camera da letto, dove tutto era come aveva lasciato al mattino, vestiti, pigiama, calze, libri, bicchieri, e pantofole. Le prese.
Sotto una di queste, dimenticato, giaceva ancora l'enorme insetto del mattino.
Colpito troppo delicatamente molte ore prima, non era morto, alcune zampette ancora si flettevano, flebilmente, mentre il resto del corpo era però schiacciato. 
L'eroe ruminò rapidamente dentro di sé consolanti reminiscenze scolastiche, "gli insetti non hanno il sistema nervoso, non provano dolore", per giustificare che mentre lui aveva continuato banalmente a vivere la sua vita fatta di mille ripetute sciocchezze, Gregor Samsa, chiamiamolo così, stava agonizzando, magari cosciente, da così tanto tempo.
 
Riavvolto teneramente in un pezzetto di carta igienica, fu tumulato nel water, finito con una scarica dello scarico, tardivo colpo di grazia.
 
A tacere delle ulteriori reminiscenze scolastiche "ma non è che gli insetti non hanno il sistema respiratorio come il nostro e in acqua respirano benissimo?".
In base alle quali, se un altro dei prossimi mattini, dopo sogni inquieti, Giovanni Laurito troverà nel proprio letto un enorme insetto con un pantofolone in mano, se la sarà proprio cercata.
 
 
 
 
 
 

venerdì 24 maggio 2013

Questa è la mia vita

Per tuffarsi nel tempo perduto, si sa, non c'è nulla di meglio delle canzoni.
 
Un viaggio di otto ore in macchina con tutta la discografia di Ligabue appositamente nel lettore, con gli amici pure loro appassionati, a ricordare i tanti aneddoti, la prima volta che io portai al mare quella cassetta tarocca comprata da un marocchino, "Balliamo sul mondo", e a predire che quello lì, quello sconosciuto con la voce roca, sarebbe diventato famoso.
 
E lungo l'A1 a cantare a squarciagola Lambrusco e pop corn, coprendo la voce del navigatore che provava invano a consigliare l'uscita a 200 metri, invece saltata allegramente, e ancora a rispondergli "Questa è la mia vita!", quando quello insisteva, stremato "fare al più presto inversione di marcia".
 
E a confrontare da veri intenditori le due diverse versioni di "M'abituerò", scoprendoci tutti concordi nel preferire quella di vent'anni prima, dalla metrica approssimativa, ma intrisa del dolore di una delusione vera, come quelle che per amore puoi provare solo a vent'anni, e che tutti, beneomale, sapevamo di cosa si parlava. Si parlava dei giorni dell'università, dei domani neppure abbozzati, dei propositi buoni solo ad impegnarci ad arrivare al mattino successivo, e delle persone appena sfiorate eppure ancora presenti in certe notti di pensieri, e di quelle con cui invece hai fatto un bel frontale, e che non è il male nè la botta, ma purtroppo il livido perenne, una cicatrice col punto a croce.
 
Da una canzone di Ligabue, se hai un po' di tempo libero e voglia di holding back the years (ah, il vecchio Mick Hucknall), t'infili in un percorso che ti porta, in una sera piovosa di maggio, a rileggere Altri Libertini di Tondelli, e trovarlo straordinariamente inattuale proprio come te stesso, poi a metterti al pianoforte con i vecchi spartiti e suonare le tue canzoni, quelle che componevi nello stesso periodo in cui nell'aria del tuo borgo, a mille chilometri, girava la stessa brama di vita di Correggio e gli argomenti non potevano che essere gli stessi, tutti via a seguire una morbida scia, come se la pioggia che senti battere sui vetri fosse la stessa che rigava il parabrezza della 500 sulla strada per Ascea, quando non bastava il tergicristalli, e non bastavano le risate, le mani, i sogni di rock and roll.
 
Invece, quando si fa troppo tardi e la musica finisce, che domani si lavora, che i condomini reclamano, che tua figlia poi magari si sveglia e sono cazzi, allora ti accorgi che l'acqua ai balconi è acqua nuova, nè peggiore nè migliore, ma diversa, come quello che ci si specchia, ancora una volta sorpreso di quello che possa fare la percezione delle cose, che siamo fantasmi e non ce n'eravamo accorti, come in quel racconto, Willa, andatevelo a leggere, del King (Al crepuscolo), che in una trentina di pagine se sei superficiale ci trovi solo un raccontino horror, ma se ti ci soffermi un po', se guardi appena più in là del tuo naso e leggi tra le righe, capisci tutto, e allora non ti resta che sederti tranquillo con un drink in mano e aspettare che dopo questa che era l'ultima canzone la band magari farà un altro pezzo. E lo sanno tutti che i più belli arrivano coi bis.

mercoledì 22 maggio 2013

C'est plus facile

Sì, sì, rapitele e tenetele segregate in uno scantinato!
Vuoi mettere il tempo che si perde a conquistare una donna, anni di fiori, telefonate, battute tendenzialmente simpatiche, idee per sorprenderla, protezione, carezze, sorrisi, pensieri, e tutto questo per riuscire finalmente a convincerla a passare la vita con te?

Sì, sì, stupratele!
Vuoi mettere la fatica a convincerle ad uscire insieme, ad essere gentili, cortesi, interessanti, attraenti, per sperare che poi a fine serata della decima uscita magari c'è la speranza di riaccompagnarla a casa e chissà ...
Invece con lo stupro non c'è neppure la necessità di fare in modo che piaccia un poco anche a loro, e, ancora, non devi neppure lavarti prima, che è così demodè!

Sì, sì, uccidetele!
Ci mancherebbe che possano avere delle opinioni contrarie, che possano anche stufarsi di subire, o addirittura che smettano di amarvi. Così risolverete il problema una volta per tutte.

Sì, sì, fate tutto questo!
Ci mancherebbe che dobbiate anche essere uomini e non bestie, che purtroppo è così facile, a leggere i giornali in questi ultimi giorni. E in questi ultimi anni. E non solo. 





martedì 14 maggio 2013

Ei fu

Leggo su facebook che una ragazza del mio paese si è laureata.
Il suo volto sorridente che non vedevo da tempo mi fa tornare in mente una vicenda di tanti anni fa.
Ne scrissi su un vecchio blog, nessuno l'avrà letto, posso ripetermi. Se qualcuno invece ricordasse, fa niente, tanto sono io a non ricordare quello che scrissi, e dunque ne faccio un remake con parole nuove.
Quel che importa è che fu lei a darmi la prima intima consapevolezza di quello che sono, e del tempo che passa. Sarà stato una decina di anni fa. Una sera di inizio primavera. Quelle sere improvvisamente calde e piacevoli, che te le vuoi godere di più, perché lungamente attese. Percorrevo il corso, desideroso di facce, di sguardi, di novità. Eravamo io e un mio ormone che si stava risvegliando dal letargo, stavamo lì a chiacchierare, a progettare, non sapevamo se prendere la 500 decapottabile e via a seguire una morbida scia, o un gelato in terrazza, e ci guardavamo intorno.
Ed ecco questa ragazza, avrà avuto 18 anni, chissà, carina, sorridente, che mi viene incontro.
Sebbene sola, sembrava chiacchierasse anche lei, magari un fitto dialogo con il suo, di ormone.
Si prospettava come minimo uno scambio di coppie.
Provai uno sguardo, il migliore sorriso, la voce più calda.
Era ormai lì, la distanza giusta, la mia postura eretta, la pancia dentro e il petto in fuori, il ciuffo a posto, l'emissione delle corde vocali pronta ad essere modulata.
"Ciao, Angela", flautai.
"Buonasera", rispose lei, educatissima, continuando a guardare in avanti e a camminare, senza rallentare. Ci mancava che aggiungesse "nè zì".
Il mio ormone si nascose in un vicolo.
La 500 accapottata.
Il gelato squagliato.
Giovanni Laurito, hai più di trent'anni. Sei un vecchio.
Girai i tacchi e mi diressi verso casa. 
Da dietro l'angolo l'ormone nascosto saltò fuori, mi si parò davanti e mi salutò.
Buonasera.
E sparve.

martedì 7 maggio 2013

Sillogismi

Un anno fa, di questi tempi, avevo guadagnato davvero molto.
E perciò non avevo alcuna voglia di lavorare.
Pensavo di mettermi finalmente a coltivare il mio hobby.
 
Quest'anno ho guadagnato davvero poco.
Così non ho proprio voglia di lavorare, tanto nessuno mi paga.
Penso di mettermi finalmente a coltivare il mio hobby.