Càpita che una parola inedita entri di colpo nel lessico quotidiano, e che tutti si affrettino ad usarla, quasi si trattasse di un aiuto della divina provvidenza per poter finalmente definire qualcosa fino ad allora anonimo.
Non è il caso di "selfie", il termine con cui da qualche tempo si definiscono le foto scattate a se stessi e postate sui social network. Infatti, fino ad ora non è che, per definirle si usassero perifrasi del tipo "no, sai ho postato quella fotografia che mi sono fatta da solo". Semplicemente si parlava di autoscatti.
E' una tendenza, una moda, che fa proseliti, la parola amplia la sua copertura onomastica.
L'altro giorno la famosa giornalista 84enne della CBS, Barbara Walters, ha confessato candidamente di fare talvolta uso di un vibratore. In realtà, ha detto all'intervistatrice scherzando, io non lo definisco così, lo chiamo "selfie".
Insomma, con questo termine definiamo ormai tutto ciò che facciamo a noi stessi.
Anche se ci facciamo schifo da soli potremmo dire che è un selfie.
Ma nel nostro paese, nella nostra classe dirigente, è una confessione che difficilmente sentiremo.
Quelli neppure la benzina si mettono da soli.
L'unico selfie che ancora mi concedo.
O meglio, l'unico che anch'io ammetto.
Uno dei due, in verità.
L'altro è questo blog, sei anni di sedute di autocoscienza che spaccio per post.
Mentre non è altro che ansia di lasciare una traccia del momento.
Un'immagine di me stesso che possa resistere alla feroce corsa del tempo.
A pensarci bene, nient'altro che un autoscatto.
Anche se questa parola non suona alla moda come un selfie.