Quando mi sento bene?
Non parlo di quelle cose
che soddisfano i bisogni primari, e che in qualche modo piacciono (dovrebbero
piacere) a tutti gli essere umani, tipo mangiare quando hai fame, andare in
bagno quando occorre, fare l’amore se capita.
E neppure alle situazioni
straordinarie, (tendenzialmente) irripetibili e di certo non quotidiane: un
premio, la laurea, la nascita di un figlio.
Mi riferisco a quei
frammenti della giornata (se sei fortunato), o meglio della vita, in cui ti
dici, sì, in fondo ne vale la pena. Non credo di sentirmi bene spesso, anzi
quasi mai.
Ho, più che altro, dei rifugi.
Dove mi nascondo in attesa che passi.
La musica lo è sempre
stato. Ascoltata e, meglio ancora, suonata.
Scrivere, questo funziona abbastanza.
Più di parlare. Inventarsi un posto dove vorresti essere, un tempo, sceglierti
la persona, e andare di fantasia. Se poi lo fai mentre senti musica, meglio
ancora.
E’ che poi i racconti
finiscono, come pure le canzoni, spesso la tregua non dura più di un’ora.
Ad alcuni piace il sole, ad
altri la pioggia, o la nebbia. Non saprei esprimermi.
Di solito a me accade che
se c’è il sole non so dove andare, e se mi va di uscire diluvia.
Un altro rifugio sarebbe
camminare. Ma da solo mi sento un cretino, e in compagnia non è lo stesso.
Mi piace farlo dove non mi
conosce nessuno. A Roma, una mattina che dovevo aspettare a lungo una persona,
dalle parti di Piazza Bologna, arrivai così lontano che non sapevo tornare all’albergo.
Però mi sentivo bene, all’andata.
Mi sento bene quando sono utile
a qualcuno, ma è un atteggiamento egoista, perché poi odio l’irriconoscenza e
dunque mi rendo conto che lo faccio principalmente perché in qualche modo ne ha
bisogno la mia autostima.
Mi viene da pensare che, in
fondo, degli altri non me ne importi nulla. O non più di quanto a loro importi
di me.
Mi sento bene quando ho la
coscienza a posto. Non quando ho fatto la scelta giusta, perché io non so mai
se la scelta che faccio lo è. Anzi, tendo a pensare sia sempre sbagliata,
eppure la faccio lo stesso. Importante è scegliere, al più presto, che sia un
jeans, la direzione ad un bivio, una compagna. Salvo poi ritrovarsi da solo, in
una destinazione che non era la tua, e col pantalone che non ti si abbottona.
Mi sento bene quando le
cose funzionano. Per esempio ieri sera, ridendo alle mie stesse battute mentre
provavamo un testo teatrale. Sto bene anche quando le cose si rompono e poi
riesco a ripararle. Ma non mi succede spesso, da piccolo non mi hanno lasciato
neppure sostituire una lampadina, figuratevi se sono capace di sistemare le
cose. Sono più bravo a correggerle. Non perché ne sappia di più, semplicemente
perché ho il dono (la maledizione) di riconoscere al volo gli errori. Non a
caso uno dei romanzi che adoro si intitola Le correzioni. Ma chi corregge
sempre si rende antipatico, si sa. Le persone, anche se a parole siamo tutti
modesti, vogliono credere di essere infallibili.
E si sono fatte le dieci. L’ora
è passata. E alla radio tutte canzoni di merda.
Il tempo sembra bello,
quasi quasi sfato le mie credenze ed esco.