Non erano passate neppure due
ore, quando riaprì gli occhi.
Quelli delle pompe funebre lo
avevano appena sistemato nella bara ed erano affaccendati ad appendere le
insegne sacre, a posizionare i candelabri, per cui nessuno badava a lui.
Capì di essere nella camera da
letto, riconobbe il lampadario sul soffitto. Il bordo della cassa gli
impediva però la visuale completa della stanza. Provò a sollevarsi ma il
collo gli si era irrigidito, e non ci riuscì. Voci familiari provenivano dalle
sue spalle, probabilmente dalla cucina. Qualcuno piangeva.
Sentì dei passi avvicinarsi e, istintivamente,
riabbassò le palpebre.
“Sembra che dorme”. Una voce di
donna che non riconobbe. Poi una carezza sulla guancia. Un tocco lieve, caldo.
La mano rimase lì per qualche
secondo, eppure sufficiente per farlo riassopire.
Quando riaprì gli occhi la seconda volta non sentì voci definite, solo un brusio indistinto, come di una radio.
La stanza doveva essere piena di
persone.
Pensò, come d’uso, fossero tutte sedute attorno
al feretro. Più vicini i familiari,
più in là coloro che passavano a fare visita e si
fermavano qualche minuto per una preghiera di circostanza.
Neanche stavolta si accorsero
che era sveglio. Provò a
parlare; niente. Le mascelle erano serrate, la lingua immobile. Non riuscì neppure ad emettere suoni, lo sterno era
irrigidito, il diaframma bloccato.
Lo sforzo gli costò molta fatica. Tornò a dormire.
Al risveglio non sentiva più voci, solo uno stridìo.
Per soffitto stavolta aveva un cielo
buio. Il lampadario doveva essere spento. Poi il rumore, quello delle corde
nella carrucola, cessò.
Lo avevano calato nella fossa.
Gli sembrò di sentir piovere, sul tetto.
Era un suono che lo rilassava da
sempre.
La terra che cadeva sul
coperchio della bara lo accompagnò ancora una volta nell’oblio.
Questa volta, sognò.
Di essere morto e di non
essersene accorto.
La mattina dopo, si alzò come
sempre alle sette, fece colazione con un cornetto senza latte e uova, si vestì e andò in ufficio, dove rimase per dieci ore.
La sera, tornato a casa, mangiò un brodino, guardò una partita senza tifare per nessuna delle due squadre e si
mise a letto.
Non erano passate neppure due
ore, quando riaprì gli occhi.
Ma il congiuntivo?
RispondiEliminaCi ho riflettuto a lungo. Con l'indicativo mi è parso più vicino al parlato, non "impostato". Poi ho fatto una ricerca e ho trovato la frase "sembra che dorme" usata anche da scrittori più seri di me ;)
EliminaSarà...
Eliminaintrigante e angosciante,
RispondiEliminaper quanto sembri un circolo a ripetersi, tipo c'era una volta un re seduto sul canapè, aleggia in chi legge il timore che il coperchio prima o poi si chiuda.
massimolegnani
O che sia già chiuso 😉
EliminaIn effetti, la domanda è questa: siamo più vivi a mascelle serrate dentro una bara, accorgendoci di una carezza sul viso, o davanti un brodino e una partita di calcio senza neanche tifare?
RispondiEliminaL’attenzione, l’indifferenza, il disprezzo. A tutte e tre il protagonista reagisce nell’unico modo che conosce. Nel sogno-morte e nella realtà- morte: estraniandosi, in un loop continuo.
EliminaMagari, scrivendone su fb o su un blog e ricevendo attenzione, indifferenza o disprezzo 😉
p.s. poi c'è chi continua a guardare il dito, mentre le indichi la luna... ;)
RispondiEliminaCe l'hai con me?
EliminaIo?!
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