A volte mi perdo a pensare a quante persone ho conosciuto. Provo addirittura a contarle, i compagni di scuola dalle elementari alla maturità, quelli dell’università, e gli amici di Roma e quelli del paese, in pratica tutti gli abitanti, e tanti che non ci sono più, e poi i colleghi, i clienti, e l’elenco sarebbe ancora lungo, come gli anni passati, ahimè.
E in mezzo a questi le persone che mi hanno voluto bene, a cui ho voluto bene, quelle che hanno lasciato tracce che vorrei non si cancellassero mai. L’esistenza è fatta di porte girevoli, si dice. Persone entrano ed escono di continuo, niente dura per sempre, dovrei rassegnarmi. E invece non lo faccio, sprango le porte, provo a non perdere nessuno, mi aggrappo ai ricordi, li tengo vivi, li nutro, li riscrivo, ne faccio storie, io faccio sempre storie, per ogni cosa. Ma più si va avanti con gli anni più capitano certi giorni che basta ritrovare un biglietto, una foto, ascoltare una canzone, e i ricordi rischiano di soffocarti. Allora esco di soppiatto, e li chiudo dentro. Fuori c’è aria limpida e fresca, sul tardi. Settembre, quando vuole, sa fingere di essere inizio e non fine.
E allora fingo anch’io, che ci vuole.