Quando, all’incirca dieci anni fa, mi
affacciai al mondo del blogging, si trattava di un universo in piena
espansione. Erano state create svariate piattaforme ed ognuna di esse
accoglieva un numero esagerato di blog, la gran parte dei quali, pur presentando
contenuti assolutamente banali – o forse proprio per questo – aveva un
notevolissimo seguito. Si trattava di veri e propri diari, in cui
quotidianamente si raccontavano le proprie riflessioni e descrivevano eventi
capitati a casa, sul lavoro, nei rapporti amorosi. Ogni post suscitava una
caterva di commenti del medesimo tenore, creando un interscambio basico per l’epoca
assolutamente originale e voyeuristicamente attraente. Potremmo paragonare il
successo di quei pionieri a quello della prima edizione del Grande Fratello
televisivo, quando ci tennero a milioni incollati davanti al teleschermo le vicende
di più che ordinaria quotidianità sentimentale che coinvolgevano Pietro
Taricone, Marina La Rosa e gli altri abitanti della “Casa”. Ulteriore elemento
intrigante (e che maggiormente distingue il fenomeno del blogging dai più
recenti facebook e twitter) era l’assoluta libertà di anonimato. La maggior
parte dei bloggers usava nickname, le immagini erano spesso avatar grafici, e i
riferimenti alla vita privata, se pure espliciti, interessavano per il fatto in
sé, non per l’autore, atteso che nel 99,99% dei casi i blogger e i lettori
(quasi sempre blogger a loro volta) non si conoscevano affatto, prima.
In realtà, rispetto a quest’ultima
considerazione, la mia potrebbe sembrare un’eccezione, in quanto fui introdotto
a quel mondo da una blogger mia amica. Ma siccome non si trattava di una
ragazza che frequentavo ma che avevo conosciuto in una chat e non ci eravamo
mai visti, probabilmente anche il mio caso rientrava nella consuetudine. Appassionato
da sempre di scrittura creativa, da principio ebbi difficoltà ad uniformarmi
allo stile imperante del “web log” (poi contratto in blog), cioè del diario online. Non ero abituato a scrivere di
me, soprattutto non ne avevo voglia, almeno non in maniera diretta. Così pensai
di riflettere me stesso negli argomenti trattati, notizie, cinema, televisione,
politica, il tutto senza realmente approfondire quanto commentato, ma soltanto
come spunto per parlare di me. Insomma, una scrittura yo-yo, che lanciavo srotolando
il filo dei miei pensieri e mi ritornava accresciuta da quelli dei miei lettori
che anch’essi commentavano la notizia ma, in realtà, parlavano di me e insieme
di loro. E il successo fu notevole, Glaurito
divenne un nome noto fra i blogger di Splinder, la piattaforma su cui scrivevo.
Il riferimento, certamente troppo alto,
che avevo voluto prendere come esempio, era quello delle Bustine di Minerva
pubblicate da Eco sull’Espresso. Per avvicinarmi ancora di più al modello che
aveva intitolato la rubrica con quel nome, che richiamava le scatoline di
fiammiferi sul cui retro si usava appuntare nomi, indirizzi o numeri di
telefono, io, non fumatore, avevo pensato di chiamare il mio blog “Il retro
dello scontrino”. L’enorme distanza, anche di classe, fra i due titoli, mi
distolse da quell’idea malamente scopiazzata e il blog si chiamò “il Contrario
di tutto”, nome che resiste tutt’ora se non nell’intestazione, nell’indirizzo
web di questo più recente blog.
Poi il tempo passò, i blog si ridussero
sempre più di numero e visitatori (passato il momento di euforia, la gente che
non era abituata a scrivere e a leggere tornò alle sue abitudini), soppiantati
dai più semplici e meno impegnativi social media, e rimasero in auge soltanto
quelli più settoriali.
Io stesso scrivo qui, ormai, molto più di
rado quanto vorrei. Abituato, anzi, al microblogging di fb e twitter, mi capita
di sentirmi privo di allenamento ad una composizione più lunga e poi,
diciamocela tutta, è inevitabile seguire la moda. La gente va dove sta altra
gente. I ristoranti vuoti sono sempre più vuoti e quelli pieni sempre più
pieni. Un’applicazione ancestralmente radicata nel nostro DNA di animali da
branco. Un post scritto qui ha una diffusione di molto inferiore a quella che
può avere su facebook. Anzi, sono convinto che tra queste Caramelle potrei
nascondere anche il pin del mio bancomat e non se ne accorgerebbe nessuno. E se
invece accadesse, non mi dispiacerebbe affatto. Innanzitutto perché di questi
tempi pure i soldi sui conti correnti hanno fatto la fine dei blog, ma
soprattutto in quanto chi mi segue, e spesso sono persone che lo fanno da
tanto, sono da considerarsi ormai davvero degli amici; Amici veri, non come
quelli di facebook che ti conoscono solo di vista o al massimo cuggino del cuggino. Qui la gente ti
conosce nell’anima.
E allora questo post, scritto sul balcone
godendo di un primo timido sole, quasi primaverile, è per voi, e per me. Per
ricordare en passant quel Grande Maestro
scomparso ieri lasciando un vuoto davvero incolmabile, e perché, in fondo, le
mode sono come un cerchio, sono tornati i pantaloni a zampa di elefante,
torneranno anche i bei tempi dei blog.
E
allora tanto vale star qui, attendere, e guardare la collina.
E’
così bella.
P.S. 51313
Non so se torneranno i bei tempi dei blog ma il tuo sicuramente è tra i migliori di sempre.
RispondiEliminaNon so se torneranno ma con commenti come il tuo sembra aver senso anche l'oggi. Grazie
EliminaTutto torna. Prima o poi...
RispondiEliminaPerché Vico non era proprio un fesso.
Il tuo commento calza a pennello: Vico visse dalle mie parti, e io che sono avvocato con i corsi, ma soprattutto i ricorsi vado a nozze 😅 Grazie di essere passata!!
EliminaOra che so che c'è un blog di un avvocato che scrive come Egli comanda, passerò regolarmente.
EliminaPost intenso e assolutamente veritiero. In più, e non da ultimo, è proprio un piacere leggerti!
RispondiEliminaTi ringrazio molto e soprattutto lo fa di cuore la mia autostima.
EliminaC'è del buono a ritrovarsi in pochi.
RispondiEliminaNon parlo del compiacimento snob di chi disdegna la massa, quanto piuttosto del sollievo malfermo del sopravvissuto all'epidemia.
Della serie... Perché io?
Le mode sono un po' un'epidemia: chi ha le risorse per decodificarle potrà esserne preda momentaneamente, ma - passata la febbre - ritroverà in sé gli anticorpi per recuperare quel che tutti gli altri disdegnano.
Perché gli si attaglia meglio e perché a inseguire le tendenze viene un gran fiatone.
Torna ancora qui a riprendere fiato, glaurito. Senza fretta.
Noi, superstiti del pensiero compresso e del "esisto se vi piaccio", aspettiamo.
Stai bene.
m.
Il tuo commento mi coglie preparato, proprio ora sto leggendo - ahimè da troppo tempo - l'ombra dello scorpione di King, postapocalisse in cui sono protagoniste proprio le dinamiche dei sopravvissuti. Eppure io più che sopravvissuto mi sento un sottovissuto, tendo a scomparire io, e le dinamiche che mi interessano più che globali sono strettamente individuali, al limite duali. Perciò amo il dialogo e se siamo in tre tendo a tacere. Anzi, come blogger è più un monologo (il mio vecchio sogno, come forse ricordi, dello stand up comedian), ma i commenti mi riportano alla forma del dialogo, apprezzata in maniera direttamente proporzionale alla empatia con l'interlocutore / trice. Grazie di esserti affacciata, non dissuasa dalla mia generale assenza. Grazie
EliminaNon ti conosco.
RispondiEliminaDico meglio: non ti conoscevo prima di stasera.
Hai detto tutto quello che io penso e scrivo da molto tempo a proposito di blog.
E lo hai fatto molto bene.
Comprendo facilmente come sia stato possibile il tuo successo altrove.
Peccato, mi sono persa parecchio.
Ma da oggi avrai, qui, nel tuo angolino in cui potresti lasciare il tuo pin del bancomat, una fan in più.
Alla prossima.
Non so se tu ti sia persa qualcosa, di certo l'ho fatto io nell'essere poco presente e mancando conoscenze di persone che avrebbero potuto arricchirmi. Sono però felice di averti trovata con questo post, uno stimolo in più per non smettere.
EliminaP.S. Sai che hai commentato il giorno del mio compleanno? Un regalo gradito e inatteso.
P.S. 2: il pin l'ho lasciato davvero 😄
Ahahah grande!
EliminaBuon compleanno allora...