Passeggiando in Piazza Navona, a Roma, in una sera
di marzo in cui il tempo batteva inesorabile il suo ritmo, mi capitò di sentire una
melodia amica.
Un gruppo di musicisti, di quelli che trovi solo a
Piazza Navona, trasandati ma geniali, stava eseguendo una magnifica versione
acustica di Sultans of swing dei Dire
Straits. Un brano al quale non solo i bravi chitarristi ma anche chi strimpella
appena come me è molto legato, per via di quell’assolo infinito inserito da
Mark Knofpler a due terzi del pezzo, splendido e irripetibile, eppure da tutti
provato a rifare non appena si imbraccia una chitarra e si impara a suonare l’accordo
in re minore al quinto tasto.
Perché è un riff magico, un giro irresistibile appoggiato
su tre soli accordi, che ti cattura e vorresti non finisse mai, e chissà quanti
come me, all’apparire del genio della lampada, si troverebbero indecisi fra desiderare
l’immortalità o saper suonare alla perfezione l’assolo di Sultans of swing. Forse
perché, in fondo, quando si usa l’espressione “suonare da Dio” c’è un fondo di
verità, solo una divinità può creare, col semplice movimento delle dita su
delle corde di metallo, un miracolo simile.
E quella sera, forse, il chitarrista di quel gruppo
improvvisato doveva chiamarsi davvero Aladino, perché le sue mani, appoggiate
al barré del quinto, facevano fluire limpida dalla chitarra la magia di quel
brano senza alcuna imprecisione o intoppo, che sarei stato lì per ore ad
ascoltarli.
Ma ero in compagnia di mia moglie e mia figlia,
esiste anche un video sul mio cellulare che immortala per i posteri, insieme
all’esecuzione perfetta della canzone, l’indifferenza totale delle mie donne,
per altri versi così sensibili, a quell’incantesimo.
Così quando mi avvicinai, alla fine del brano, per
lasciare un piccolissimo obolo nella cassettina dei musicisti per ringraziarli
del dono che mi avevano fatto, non sospettavo neppure lontanamente l’errore che
stavo commettendo.
Infatti, quel misero euro e cinquanta con cui avevo
indegnamente ripagato il regalo di compleanno che mi aveva fatto quella band di
strada, guarda caso erano gli unici soldi che avevamo con noi, e così facendo
avevo privato mia moglie della possibilità di un caffè, provocando una reazione
umorale che può comprendere soltanto chi abbia avuto accanto, alternativamente,
un tossicodipendente all’ultimo stadio di astinenza o, appunto, una moglie che
vuole prendere un caffè e tu non glielo offri in quell’istante.
Ora non voglio farla apparire come una persona
incline al vizio o alle reazioni eccessive – anche perché potrebbe leggere
questo scritto… - e dunque dirò che la colpa fu senza dubbio mia che, del tutto
ignaro degli effetti della carenza di caffeina (giacché non prendo né droghe né
caffè), mi azzardai a dire che, tutto sommato, avevamo almeno ascoltato una
canzone eseguita deliziosamente.
L’assolo, da quel momento, mi disse, potevo
considerarlo linea guida della mia futura vita amorosa.
Ma non finì neppure qui, niente affatto.
Perché proseguendo nella passeggiata verso Castel
Sant’Angelo, mia figlia undicenne adocchiò un mendicante ai bordi del ponte. Un
tizio senz’arte né parte, privo di particolari patologie quantomeno visibili,
che chiedeva la carità in un punto strategico molto frequentato dai turisti,
quindi certamente messo lì dal racket delle elemosine, altrimenti col cavolo
che poteva occupare quell’incrocio.
Bisogna dire che anche in questo caso l’esecuzione lamentosa
era pregevole, e, vero o finto che fosse il suo disagio, una moneta gliel’avrei
pur data, anche su incitamento di mia figlia che infatti mi strattonava
invitandomi a farlo, lei che è particolarmente sensibile a qualsiasi causa
umanitaria.
Ma non avevo altri soldi, glielo dissi, gli ultimi
li avevo dati ai musicisti.
Apriti cielo! Che persona malefica che ero,
rifiutavo di aiutare un povero storpio (che secondo me in realtà corre
tranquillamente i tremila siepi), e invece avevo dato volentieri del denaro a
quei suonatori da strapazzo! Ed hai voglia a fornire tutte le giustificazioni
possibili, quando una figlia ti mette il broncio, la vacanza può essere rovinata
definitivamente. Le provai tutte, mi ridussi io stesso a mendicare la sua comprensione,
ma, guarda un po’, a differenza del tizio sul ponte, io non la impietosii
neppure un pochettino. Si girò sdegnata e si avviò verso l’albergo senza avere
la minima idea di dove fosse, guidata da un navigatore interno che aveva come
destinazione programmata quella di andare comunque il più lontano possibile dal
padre. La indirizzai a fatica verso il percorso corretto, che però conduceva di
nuovo attraverso Piazza Navona.
Passammo così ancora davanti a quegli alter ego dei
Dire Straits, in quel momento stavano suonando alla grande un altro pezzo
storico, ma appena mi volsi mia moglie sarcastica faceva il segno della tazzina
del caffè e mia figlia con sguardo torvo tendeva la mano, così non rallentai
neppure. O meglio, per un attimo pensai di farlo, ipotizzai di distrarli in
qualche modo, riprendere il mio euro e cinquanta dalla cassettina e scappare
via fra la folla. Ma quella sera compivo quarantasette primavere, anzi, era l’autunno
quello che stava arrivando nella mia vita, e non potevo tradire proprio allora
i ricordi della mia gioventù che l’ascolto di quella vecchia canzone mi aveva
suscitato. Di quando sognavo che un giorno sarei stato davvero su un palco a
suonare, novello Mark Knopfler, quell’assolo geniale, con la folla in visibilio
ai miei piedi. Forse lo sognavano anche quegli stagionati musicisti, e la vita
li aveva traditi nonostante il talento. O forse l’avevano scelto proprio loro
di essere liberi, di suonare in una piazza, di regalare il loro talento ai passanti
in cambio, quando andava bene, di qualche monetina o di un timido applauso. E
dunque feci solo un lieve saluto al loro indirizzo e non rallentai il mio
passo, addio, o meglio, alla prossima. Quando giuro che mi riempirò le tasche
di spiccioli, e mentre mia moglie con quei soldi si inietterà caffeina endovena
e mia figlia risolleverà i destini di tutti i derelitti, veri o finti, che vagano
per Roma, mi siederò di fronte al chitarrista e, mimando con le dita gli
accordi, ad occhi socchiusi, duetterò finalmente insieme a lui come un vero Sultano
dello swing.
P.S. Scusatemi, Genny e Rosaria. Solo una piccola licenza
poetica per colorire la storia. So bene che in realtà voi assecondate con
dolcezza tutte le mie fisime. Soprattutto dopo aver bevuto il caffè, e quando
non ci sono in giro mendicanti…
Roma è disseminata di mendicanti, musici e cantori. Si dovrebbe uscire con una sacca piena di monete per accontentarli tutti.
RispondiEliminaSe capiti dalle parti del Pantheon fermati. Ci sono anche lì degni suonatori dei Dire Straits.
Grazie della dritta! E chissà che prenda coraggio e un giorno passando tu non incontri me 😊
EliminaSe noto un tizio che lascia monetine ai suonatori e viene guardato torvo da una ragazzina, saprò che sei tu.
EliminaAnche io non resisto, quando per strada, resto rapita dalla bravura dei musicisti.
RispondiEliminaConosco il riff di cui parli anche se a Knofpler preferisco Eric "slow hands" Clapton.
Sul racket delle elemosine concordo pienamente. Ho visto con i miei occhi, storpi e ciechi riacquistare vista e gambe per non perdere l'autobus o la metro.
Con Piazza Navona mi hai fatto sognare.
Contento ti sia piaciuto questo post! Addirittura sognare, poi... Fai venire voglia di rimettermi subito a scrivere ☺️
RispondiEliminaChe bello leggerti, mi hai portato per le strade di Roma insieme a te e alla tua famiglia.
RispondiEliminaEhi, aspetta un momento, non mi hai comprato nemmeno un souvenir! Come ti permetti?
Come dici? Non hai più monete? Roba da matti, sei il solito artista da quattro soldi! Vattene pure a suonare con quelli per la strada, io me ne torno da dove sono venuta. Tzé!
Più souvenir di questo? Anzi intrattenimento completo: luoghi d'arte, musica, sofferenza, dipendenze, drammi familiari!! 😅
EliminaForse ti conviene davvero tornare da dove sei venuta, mi sa 😔
Ma io sarei contentissimo se rimanessi almeno fino alla prossima vacanza d'autore...
Adoro i drammi familiari... Mi hai convinto! :D
Elimina..mi fido poco della tua famigliola.. non credo tu abbia volutamente esagerato.. ti immagino debitamente schiavizzato piuttosto.. con orari ben precisi e limitati anche per l'ascolto casalingo dei Dire Straits (e in cuffia ovviamente..)
RispondiEliminaAh ah, no anzi, accettano perfino gli Iron Maiden a palla! Un po' di disdoro lo avverto con le mie canzoni, che forse esagero a mettere in loop 😊
EliminaDavvero esilarante questo quadretto familiare! Resto in fervida attesa del nuovo post.
RispondiEliminaGrazie, Silvana!! Che gentile... A prestissimo 😊
Eliminabrano gradevole, fai di un episodio minimo occasione di ironia leggera e di sorridente malinconia. Il tutto condito con buona scrittura.
RispondiEliminamassimolegnani
Massimo, il tuo commento devo incorniciarlo perché riassume il senso di questo blog.
RispondiEliminaGrazie