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mercoledì 9 settembre 2015

Il blocco dello scrittore

Una volta sulla mia scrivania di lavoro tenevo un piccolo block notes.
Era l'epoca in cui volevo essere un autore teatrale, un nuovo Eduardo.
Allora il blocchetto mi serviva per appuntare, per non dimenticare alcune battute che mi venivano in mente per caso e che magari mi sarebbe tornate utili in una commedia.
La commedia poi la scrissi, era ambientata negli anni '70, parlava di emigrazione, sfotteva in maniera bonaria o forse non troppo l'emigrante di ritorno che si vantava dei suoi successi con i "poveracci" rimasti al paesello, sfoggiando abiti con i lustrini, auto di lusso e donne da sballo.
Poi veniva fuori che i vestiti erano ridicoli, l'auto affittata e la donna una prostituta caricata per strada.
Fu rappresentata, ebbe un ottimo successo, il teatro si riempì di ben settecento persone, stipate perfino nei corridoi e sugli scalini.
Poi finì lì, perché io sono fatto così. Come Paganini. Non ripeto. Neppure a tavola, perché se hanno fatto i piatti di quelle dimensioni una ragione ci sarà, è quello il quantitativo esatto di cibo.
Nel frattempo mi son fatto venire in mente mille altre cose, proprio per quella idiosincrasia alla ripetizione, e per quella innata propensione alla noia, in tutte le cose che faccio.
Solo che capita che le cose che tralascio per un po', come ad esempio questo blog, non appena diventano appena appena "passato", entrano in una categoria a parte, in cui la noia è spazzata via, bandita, sostituita da ciò che amo di più, in cui adoro crogiolarmi.
Il dolore dell'anima. La nostalgia, secondo la sua etimologia greca.
Allora il blog non è più quell'obbligo più volte autoimpostomi di scrivere sempre almeno un post a settimana, poi diventato ogni due settimana, poi un mese, fino a quando non era più un periodico ma un eroico (come si potrà definire ciò che si aggiorna ogni èra?). No, a quel punto il blog diventa l'occasione di ricordare, di rileggere uno per uno tutti gli splendidi (?) post scritti negli anni (ciò che giustifica il motto del blog, il mio onanismo letterario con il quale diventerò Cechov), e soprattutto di ripensare alle splendide (stavolta è vero) persone che questa attività mi ha dato modo di conoscere.
E poi subito mi è tornata la voglia di scrivere.
Il blocco dello scrittore si è trasformato nel block notes di una volta, uno scrigno di spunti, idee.
Ho messo su un cd, perché la musica è fondamentale per scriversi addosso.
Il mio gruppo preferito, i Supertramp. Nel loro album migliore, Paris live, del 1979.
E poi via, di nuovo in quel territorio sconosciuto della fantasia, a bordo della macchina del tempo.
Leggo i vostri commenti, i complimenti, faccio finta di nulla, una battuta, un sorriso coi due punti e la parentesi chiusa (all'epoca niente emoticons), uno che non ha capito l'ironia, e che ironia ("oggi è il giorno della memoria ma non ricordo cosa si festeggia"), e allora mi dà addosso per la mia improvvida leggerezza su argomenti del genere, qualcun altro mi difende, magari lo fa anche lei, la blogger che scrive in maniera incomprensibile eppure a me così chiara che sembra esserci un filo diretto fra i nostri cuori, ma forse mi sbaglio, mi illudo, è solo galateo di (fac)chat(a), poi è così giovane, facile all'esaltazione e ugualmente all'abbandono, avanti il prossimo da blandire con commenti speciali e post surreali, sarà una come me, che si annoia facilmente.
Poi magari il passato fa anche sui miei lettori il mio stesso effetto, qualcuno si fa vivo dopo anni, mi ritrova su fb, da qualche altra parte, ci chiediamo come si sta, che si fa, niente, che vuoi, le solite cose, scrivo ancora, certo, per sentirmi vivo, faccio le solite battute che rimani perplesso, poi sorridi, talvolta ridi e allora sì che sono felice, amo vedervi ridere, ma non sempre è facile, che al di fuori di questo rettangolo c'è la vita vera, quella delle file, delle analisi, delle bollette, ma anche quella degli abbracci veri, non di carta, e degli odori, dei profumi, dei colori, la guerra dei sensi che colpisce ancora pure a 46 anni e rotti quanti ne ho io, la pace è ancora lontana, un'utopia, da rincorrere una volta ancora rifugiandosi qui, a scrivere, una volta a settimana (due? Un mese? Un secolo?), con la musica migliore nelle orecchie e le vostre parole di una volta nel cuore.
Grazie a tutti.
Sipario.
E il bis ve lo chiedo io. Magari non qui, che troppo tempo è passato.
Ma da qualche parte ci rincontreremo, sicuro.

10 commenti:

  1. wowow ecco qua, adesso si che va bene, grazie!
    cmq nel primo commento caduto nell' oblio, dicevo che mi piace come scrivi.
    e che ti eleggevo mio blogger dell' anno.
    ciao Silvia

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    1. Meno male, allora, che abbiamo perseverato, fiuuuu! Mi sarei perso il commento dell'anno e il primo motivo, ad ora, per continuare con un sorriso questa giornata.
      Grazie di cuore, si scrive (e un po' si vive) proprio per queste parole

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  2. sono una tenace, infatti sto leggendo praticamente tutto...la storia di Teresa la Gatta, compatibilmente ai miei impegni.
    Chissà perché le tipe un po' strambe si chiamano sempre Teresa, almeno anche quella conosciuta da me, guardiana del mitico " cimitero delle Fontanelle" di Napoli,
    che pure ha storie e storielle per ogni singola " capuzella" (teschio) li conservata.
    domanda, sei lucano? giuro che adesso leggo solo zitta zitta.(almeno ci provo).

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  3. Il cimitero dimenticato è un racconto che è piaciuto molto, più di quanto mi aspettassi, forse tu ne hai colto la ragione, sono storie che con varie sfumature si raccontano in ogni paese del sud. Non sono lucano, vivo nel Cilento, sud di Salerno. E non pensarci nemmeno a leggere zitta, guarda che ti mando Teresa!!! 😅

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  4. continuandoti a leggere ieri, ho poi capito che sei del cilento, hai parlato ehm scritto di Lancusi, dove si mangiano i migliori gelati al mondo, fantasticamente presentati :) io partenopea non doc, ma di sangue misto.
    ok, per Teresa zitta non starò...ma tu aggiorna il blog che ti mando una capuzella, anche se devo leggere ancora tanto.
    buon pomeriggio ☺️

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    1. Il mio padrone di casa a Lancusi, ai tempi dell'Università, era proprio il padrone della gelateria, pensa te che coincidenza (del cavolo, infatti dove starebbe poi 'sta coincidenza, boh? Ma niente, si fa per parlare, non ti viene una battuta, neppure una cosa intelligente, vorresti essere all'altezza della tua recente fama di blogger dell'anno eppure no, affatto, allora questa schifezza di risposta a Silvia non gliela posso lasciare, che è stata tanto gentile e autolesionista da leggersi tutte le mie cose, così penso che non lo posso mai pubblicare, ora lo canc

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  5. questa schifezza di risposta mi sta bene, perché leggendo il tuo blog, oramai tutto, credo di aver capito qualcosa di te.Mi hai fatto ridere, commuovere, riflettere, ricordare e, sì ci sono anche delle coincidenze, ma solo perché siamo coetani ed allora ecco tozzi, le caramelle per il resto, un brutto lutto, le incazzature, io che non tradisco...grazie Giovanni.Sei stato una bella lettura, che spero continui, resti il mio blogger dell'anno.Non che la cosa debba essere per te rilevante, perché non sono nessuno, solo una persona che ama le storie, quelle scritte bene, da blogger che restano e comunicano se stessi, senza nulla a pretendere.Sono stata fortunata a beccarti
    buona notte

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    1. Una domenica che voglio fare pace col presente, me ne vengo qui a rileggere il mio passato. Leggo di te. S., e di questi tuoi commenti che ormai non ricordavo più. Blogger dell’anno: ma era il 2015. Di che titoli mi sarò fregiato nei successivi? Blogger dell’ano? Forse sì, perché ho avuto fortuna a ritrovare questo tuo apprezzamento che mi riempie di senso ogni parola scritta.
      Questo commento che lascio è un messaggio in bottiglia. Quasi sicuramente cadrà nel vuoto.
      Ma non sono i “quasi” a dare senso alle nostre piccole battaglie quotidiane? Non c’è nulla di scontato. Mai. La vita è un menu a prezzo fisso.
      Grazie, S.

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    2. ...non sono S.a raccogliere questo messaggio in bottiglia mi dispiace,magari sono solo un pezzo di riva che dà senso al messaggio da cui de-riva.

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    3. Dunque è quattro anni il tempo che impiega un messaggio in bottiglia (digitale) a fare il giro del mondo e tornare sulla stessa spiaggia dal quale è stato lasciato andare, dopo aver attraversato piccole tempeste, fino ad essere raccolto da mani anonime, eppure accoglienti come un bagnasciuga per il naufrago. Facciamo ripartire il viaggio, verso nuove odissee in cerca di una desiderata Itaca.

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